Tavecchio, che ricordiamo per le tante gaffe

A volte è meglio tacere

Questa settimana tra un DPCM e un altro sono tornata bambina.

La maggior parte degli adulti, mi vien da pensare, mi appaiono simili a tante statuette di argilla.

Come suona ridicola la cantilena quando parlano con noi bambini, come sembra falso a volte il loro tono, il loro pianto o il loro riso! Quanta importanza che si danno con i loro problemi sempre uguali, i loro vestiti, le loro macchine, il loro lavoro. Come vogliono essere riconosciuti, salutati e omaggiati per strada…

A me hanno quasi sempre suscitato un sorriso, gli adulti e qualche volta anche il riso. I miei genitori erano fatti di una pasta diversa ma spesso quando invitavano qualcuno a cena, mi veniva da ridere per tutta la sera; bisognava pregarli per tutto: per togliersi il cappotto, per sedersi a tavola, per mangiare, persino per andarsene…

Per non parlare dell’importanza che si danno, soprattutto per quel che riguarda il loro lavoro, la loro carriera. Tutti argomenti sacri: che si faccia l’assicuratore o il postino, il commercialista o il geometra, l’impiegato, il politico o il poliziotto…sembra che ognuno debba salvare il mondo, che la loro attività sia la più importante, la più bella, la più utile.

Io ascoltavo silenziosamente e guardavo tutto con i miei occhi da bambina. Avevo una voce interiore che mi guidava, mi incoraggiava e mi diceva che i giochi che facevo in un angolo della mia cameretta come le costruzioni, gli omini, i lego, la palla… erano altrettanto importanti, seri e impegnativi.

Ora non sono più una bambina e spesso mi viene a mancare quella voce interiore che mi ha accompagnata durante tutta l’infanzia, quel grillo parlante impertinente che in un attimo mi faceva capire cosa fare, come reagire, che strada prendere, come interpretare il mondo, anche quello degli adulti.

Questa settimana però a sorpresa è tornato il grillo parlante ed è tornato quando di sfuggita ho letto in un articolo del Bergamo & Sport che Carlo Tavecchio è stato rieletto, alla veneranda età di 77 anni, presidente del Comitato Lombardia dei dilettanti.

Ancora una volta, nonostante le pubblicità progresso su sky calcio show, ci affidiamo ad uno dei personaggi più squallidi e miseri del calcio italiano –e non lo dico io, lo dice il grillo parlante-.

Diverse sono le gaffe di Tavecchio.

La prima, nel 2014, quando non era ancora alla guida della FIGC, durante un lungo intervento relativo alla presenza degli extracomunitari nei nostri campionati disse: “Le questioni di accoglienza sono un conto, le questioni del gioco sono un altro. L’Inghilterra individua i soggetti che entrano, se hanno professionalità per farli giocare. Noi, invece, diciamo che Opti Poba – aggiunse, inventando un nome – è venuto qua e se prima mangiava le banane, adesso gioca titolare nella Lazio. E va bene così. In Inghilterra invece deve dimostrare il suo curriculum e il suo pedigree”

Poco tempo dopo a proposito del calcio femminile disse: “Siamo da sempre protesi a voler dare una dignità estetica alla donna del calcio. Prima si pensava che fosse handicappata rispetto al maschio per resistenza ed altri fattori, adesso invece abbiamo riscontrato che sono molto simili”.

Ma non è finita. Dopo il caso Opti Pobà e quello delle donne handicappate, un anno dopo, arrivarono le dichiarazioni antisemite e omofobe. In una chiacchierata con il giornalista Massimo Giacomini, pubblicata dal ‘Corriere della sera’, definì Cesare Anticoli (commerciante e proprietario di molti immobili a Roma) un “ebreaccio”. E aggiunse: “Non ho niente contro gli ebrei”, ma “è meglio tenerli a bada”. E riferendosi poi a un ex dirigente della Federcalcio: “Ma è vero che è omosessuale? Io non ho nulla contro, però teneteli lontani da me. Io sono normalissimo”.

Come facciamo ad insegnare ai bambini, agli adolescenti, ai piccoli calciatori valori come l’anti-razzismo, la parità di diritti tra uomo e donna, la lotta contro le discriminazioni, la lotta contro l’omofobia…tutti valori di cui lo sport dovrebbe essere portatore, anche in base alla carta olimpica.

Credo che il calcio in Italia sia il primo gioco, il giocattolo più bello per cui una persona su due riesce a tornare bambino, il gioco di cui ci nutriamo e di cui non possono e non devono privarci. Non devono privarci della sua magia, del suo spirito, della sua –passatemi il termine- fragranza. E che fragranza può avere nelle mani di un uomo dagli orizzonti così schiacciati?

Sarebbe forse stato meglio dare il diritto di voto ai bambini e togliere qualsiasi gioco politico da un’attività che amiamo talmente da non riuscire ad ammettere che, ormai da tempo, ha perso ogni valore ed ogni bellezza.

Antonella Leuzzi

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